Leggere Visto Conforme di Alberto Libeccio, per me, è stato come aprire un antico scrigno, scoprendo un mondo tanto lontano quanto vicino, intriso di verità universali, ed ora che mi accingo a scrivere cosa ne penso ammetto che mantenere un giudizio imparziale non è stato semplice poichè per tre anni ho lavorato fianco a fianco con l’autore, gestendo la sua segreteria quando era a capo della Direzione Interregionale Campania e Calabria dell’Agenzia delle Dogane. Un periodo intenso, che mi ha permesso di scorgere sfumature dell’uomo e del dirigente, in continua ricerca di un equilibrio tra gli ingranaggi della burocrazia e il desiderio di innovare le procedure, anche con l’obiettivo di riscattare la sua Napoli dopo le esperienze maturate in giro per l’Italia.
Dico subito che le aspettative non sono state deluse. Il romanzo, riflesso del suo autore, è un affresco potente e immaginifico di un’esistenza che viene raccontata da Julio, il protagonista, ad un gruppo di musicisti ed in particolare ad uno di essi, Jesus, con il quale stabilisce immediatamente una connessione spirituale che alla fine del libro avrà svelato il suo perché.
E così, sullo sfondo di un paese fantastico, si dipana la storia di un uomo che, partendo da radici umili ma solide, si eleva attraverso sacrificio e merito, raggiungendo i vertici di un’amministrazione pubblica. Qui, il lettore si ritrova immerso in un’atmosfera soffocante di polvere e burocrazia, dove le carte appaiono come labirinti senza uscita e dove serpeggiano ombre di corruzione e disillusione. Ogni pagina è un viaggio tra volti e luoghi dai nomi evocativi, che risuonano come echi lontani facendo riemergere situazioni di conflitto e malaffare lavorativo, ma anche fiammelle di speranza, come la dedizione di funzionari onesti e l’amore vero, che si erge come un baluardo contro la tempesta.
La narrazione intreccia sapientemente i rimandi alle origini familiari del protagonista con dialoghi interiori intensi, nei quali la sua Coscienza si manifesta come un amico intimo, una presenza silenziosa ma costante, che lo guida nei momenti più bui.
La svolta arriva nel momento in cui il protagonista abbandona la sua posizione, incapace di accettare un nuovo corso tanto effimero quanto pomposo. Si ritrova allora solo, a contemplare per l’ultima volta la “frontiera” mentre il passato si riduce a un sussurro, ad una domanda: “cosa resta davvero?”.
È qui che il romanzo, per me, si apre in tutta la sua profondità. Attraverso la solitudine del protagonista, emerge una verità potente: la vita è un flusso e noi siamo suoi strumenti. Il lavoro, il servizio, sono semplicemente mezzi, tappe di un cammino che, inevitabilmente, ci conduce alla riscoperta dei legami più autentici. La famiglia, i figli, diventano il centro di una nuova armonia, preludio all’ultima fase: la contemplazione, che può essere affrontata con la certezza di aver seguito il faro della coscienza, anche quando la rotta era incerta.
Quando ho chiuso il libro, Visto Conforme mi ha rinnovato quel senso di malinconia per come la vicenda lavorativa dell’autore, in realtà, è andata a finire; tuttavia, allo stesso tempo, mi ha confermato il rispetto e l’ammirazione che provo per il mio “Direttore”, diventato oramai bravissimo scrittore.
