Tutti noi abbiamo conosciuto l’abbandono.
Chi prima, chi dopo, ognuno di noi si è sentito abbandonato da qualcuno o si è abbandonato a qualcosa. Perché questa parola ha due facce: può essere crudele o accogliente allo stesso tempo. Può indicare felicità o profonda angoscia.
Chiara Gamberale ci parla di tutti questi aspetti attraverso la storia di Arianna, una donna che ha appena sorpassato il traguardo della maternità e che, proprio grazie a questa, si trova a fare i conti con la parte più intima di sé. L’avere un figlio l’ha inevitabilmente cambiata, portandola alla volontà di affrontare qualcosa che appartiene al suo passato e che è rimasto irrisolto.
Ci troviamo di fronte ad una storia apparentemente semplice, ma allo stesso tempo complicatissima; un incastro di razionalità, sofferenza ed emozione che è reso benissimo dallo stile narrativo utilizzato. L’autrice, infatti, non segue un ordine cronologico per narrarci i fatti, ma sembra dover soddisfare invece un istinto di necessità: quella di trascrivere ciò che succede dentro Arianna, anche a costo di spoilerare al lettore quello che accadrà dopo.
È così che ci vengono narrati gli ultimi dieci anni di vita della protagonista: in maniera frastagliata, a volte confusa, due aggettivi che, casualità, le appartengono in tutto e per tutto. Perché Arianna ha sempre messo gli altri al posto di se stessa, si è annullata per il suo uomo, Stefano, un bambino egoista ed irrispettoso che non si è mai preoccupato di mancarle di rispetto.
E proprio durante una vacanza a Naxos*, in Grecia, Arianna sarà abbandonata dal suo eroe idealizzato, rivivendo così il destino dell’omonima figura mitologica. E sarà proprio dopo un momento così nero che scoprirà per la prima volta un piccolo spiraglio di luce che rimarrà per sempre nel suo cuore.
Di questo libro ho sottolineato tanto. E non l’ho fatto per scrivere questa recensione, ma perché in quelle parole ho ritrovato un po’ di me. Quella me che ero e non sono più, o che, per certi versi, sono ancora. Ho riflettuto molto sui cambiamenti che la vita ci impone, su come la nostra esistenza ruoti allo stesso modo intorno alla nascita, all’amore e alla morte. Tre cose diverse, spesso traumatiche, ma che hanno il potere di sconvolgerci. E questo è proprio un libro che parla di cambiamento, ma soprattutto di chi ha il coraggio di restare durante il cambiamento. Perché si sa: quando le cose si complicano la soluzione più facile è quella di scappare.
“L’isola dell’abbandono” è una storia ricca di significato e di cicatrici profonde che la Gamberale ha saputo raccontare con maestria. In questo romanzo Arianna affronta tutte le fasi della trasformazione, permettendoci di analizzare ciò che di bello e di brutto nascondono le sue emozioni. Ho compreso, pur non essendo mamma, le sue paure legate alla maternità, alla scelta irreversibile di un figlio che ti cambierà per sempre e da cui non potrai più tornare indietro. Il dubbio di non essere più quella che conosceva, ma un’altra persona da dover accettare di nuovo. Ho capito fino in fondo i suoi timori: alcuni sembrava quasi che li avesse scritti per me.
Ma più di tutto ho pensato alle donne che si annullano, che mettono a disposizione la loro vita per uomini che non le meritano. Ho pensato a quanto vorrei abbracciarle e dirgli che la loro vita è preziosa, che tutti si meritano uno spiraglio di luce.
*(Non è un caso che come “isola dell’abbandono” sia stata scelta proprio Naxos: pare, infatti, che il modo di dire “piantare in asso” derivi proprio dalla figura mitologica di Arianna, la quale fu “piantata in Nasso” da Teseo)