‘O MUNACIELLO

La leggenda del munaciello a Napoli la conoscono tutti, chi più chi meno, ma nel resto del mondo forse ne hanno solo sentito parlare. Chi è il “munaciello”? Secondo leggenda, il munaciello (o monaciello) rappresenta la figura del fantasma a Napoli: è uno spiritello leggendario del folclore napoletano così come dice wikipedia. Il munaciello (“piccolo monaco” in napoletano) è un vecchio fanciullo, chiamato così per il suo aspetto da monaco visto il saio che indossa nelle sue ipotetiche apparizioni.


Ancora oggi i munacielli vengono considerati veri e propri spiriti, che non disdegnano visite ai vecchi palazzi e alle rovine di abbazie e monasteri, per esempio a Villa Gallo o alla Torre di Montalto di Marina del Cantone (dove si dice risiedano). Ma ogni quartiere di Napoli e dintorni ha i suoi focolari, le sue storie, le sue dicerie. Ne potete trovare a dozzine. Il munaciello si presenta manifestandosi con simpatia, lasciando soldi dentro giacche e cassetti oppure facendo scherzetti che poi possono essere trasformati in numeri da giocare al lotto sulla  smorfia napoletana.

Secondo alcuni, ‘o munaciello, sarebbe realmente esistito nel periodo in cui a Napoli regnavano gli Aragonesi nel 1445 circa. Come ci racconta Matilde Serao in “Leggende napoletane” (1881), le origini del munaciello risalgono all’epoca in cui ci sarebbe stata una storia d’amore tra Caterina Frezza, figlia di un ricco mercante di stoffe, e Stefano Mariconda, un povero garzone. I due si incontravano di nascosto la notte, per non farsi scoprire dalla famiglia della ragazza. Il giovane raggiungeva la casa di Caterina percorrendo un pericoloso sentiero sui tetti di Napoli. Una notte, però, fu lanciato nel vuoto e morì. Caterinella fu rinchiusa subito in un convento, dove diede alla luce il bimbo frutto di quella relazione clandestina. Il piccolo nacque però deforme e la madre cominciò a vestirlo con un saio col cappuccio, come quello che indossano i frati domenicani. Veniva deriso per le vie del quartiere Porto e tutti cominciarono a chiamarlo “lu munaciello”. Morì poi misteriosamente, anche se poco dopo ossa di nano furono rinvenute in una cloaca e molti avanzarono l’ipotesi che potesse essere stato ucciso dai Frezza.

Il popolo napoletano, tuttavia, secondo leggenda continuò a vederlo per le strade della città e ad attribuire alla sua sete di vendetta gli eventi sfavorevoli che si verificavano. Di seguito ecco come descrisse Matilde Serao il piccolo “munaciello” nato deforme: (…) Un’anima ignota, grande e sofferente in un corpo bizzarramente piccolo, in un abito stranamente piccolo, in un abito stranamente simbolico; un’anima umana, dolente e rabbiosa; un’anima che ha un pianto e fa piangere; che ha sorriso e fa sorridere; un bimbo che gli uomini hanno torturato ed ucciso come un uomo; un folletto che tormenta gli uomini come un bambino capriccioso, e li carezza, e li consola come un bambino ingenuo ed innocente.

Tra le leggende napoletane, c’è un’altra leggenda sulle origini di ‘o munaciello. Parliamo degli antichi «pozzari», professionisti che si occupavano delle cisterne sotterranee. Per chi non lo sapesse, infatti, c’è una Napoli sotterranea attraversata da più di un milione di metri quadrati di cunicoli sepolti, scavati a più riprese durante la sua storia e utilizzati nei modi più disparati. Dalle case sotterranee delle popolazioni antiche alle cave e gli ipogei funerari dei Greci, agli acquedotti dei Romani (ben 400 km), ai depositi di veicoli, le vie di fuga, i rifugi antiaerei eccetera. Ebbene, i pozzari si aggiravano nel sottosuolo armati di lucerne a olio, mantelline da lavoro ed elmetti protettivi. Erano tozzi, piccoli: simili a dei fraticelli che, per risalire o discendere, utilizzavano delle nicchie scavate sulle pareti delle cisterne adibite proprio a questo scopo. Dai pozzi (situati per altro nei cortili delle ville) alle case la via è breve, soprattutto se i committenti non pagavano i servizi o, in alternativa, custodivano mogli o figliole focose. Va ricordato che certi cunicoli sbucano ancor oggi nelle abitazioni del Centro storico. L’eventualità che i gestori della rete idrica potessero intrufolarsi è estremamente plausibile. Per di più, certi pozzi erano profondi anche 30 metri e i pozzari dovevano fare una grande fatica per scendere e salire. Perciò, non era raro che li si «sgamasse» a sgraffignare cibo oltre che valori. I pozzari rubavano e donavano alle loro nuove amanti, da cui la doppia indole. Del resto, i loro servigi erano di certa utilità. Resta, tuttavia, una natura squisitamente diabolica e del tutto estranea ai tratti succitati. Mi riferisco a certi Munacielli che, adescando gli ignari con favori e ricchezze, chiederebbero l’anima dei malcapitati in cambio.

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Ex-giocatrice di calcio, appassionata di Napoli e del Napoli. Amo scrivere 🖋

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