Quest’autrice ha un vero talento nel descrivere emozioni e sentimenti. È riuscita a entrare nella mente e nel cuore di un uomo solo, segnato da mille sfighe (la moglie l’ha lasciato, confessandogli che la figlia che hanno avuto insieme in realtà non è figlia sua, la madre è affetta da demenza senile e la sua vita sta decisamente andando a rotoli) e a farcelo sentire subito come un amico.
Jònas, il protagonista, decide che è tempo di fare qualcosa, di fare il grande passo e di togliersi per sempre da questo mondo. Sceglie, come scenografia per il suo suicidio, un hotel sperduto in un paesino appena uscito da una guerra civile, ancora pervaso dalle macerie e da un alone di grigia desolazione. Crede che qui nessuno oramai abbia più voglia di vivere, e spera di trovare il silenzio e la pace per compiere un gesto così estremo.
In realtà conoscerà tutta una serie di personaggi, pieni di voglia di vivere, di voglia di rimboccarsi le maniche e ricominciare. Lo stile asciutto e “nordico” di questa autrice è davvero una cosa ammirevole. Un modo per avvicinarsi a una letteratura forse ancora troppo poco apprezzata, ma che ha davvero tanto da insegnare.