La prima volta in Sicilia stavo in macchina e non dormivo. E’ stato 5 giorni fa, anzi 6: caldo, caldo mortale e sonno. Allora d’improvviso, mentre distrattamente scrutavo il cielo alla ricerca di un pensiero, ho visto le Pleiadi. Una macchia di stelle lontane nella notte che sono come una lacrima lucente del cosmo. Sono tante ma vicinissime e viste dall’occhio umano appaiono come una chiazza di luce nel cielo. Le ho scoperte per la prima volta grazie a Dylan Dog in uno dei miei numeri preferiti- e poi ne avevo parlato poche ore prima a Diana, durante il nostro viaggio in macchina, attraverso e dentro il profondo Sud. Ne avevo parlato e- pof, eccole li. Non vedevo le Pleiadi da tempo, a Napoli non si vedono, solo al Sud. Profondo Sud. E osservando le Pleiadi le ho viste pian piano scomparire, sommerse dal blu elettrico del cielo che si preparava all’alba. E proprio l’alba è stato uno dei primi regali che mi ha fatto questa terra stupenda e baciata dal sole. L’alba dallo stretto di Messina, il sole che sorge sul mare, irradiando prima di tutto due raggi arancioni che accecano – puntati come fari contro la volta celeste, dietro il profilo ancora scuro della Sila dall’altro lato del mare. Un bellissimo e stupendo regalo di benvenuto. Mentre immaginavo le triremi degli Achei stagliate contro l’orizzonte, alle 6 del mattino il trottare di un cavallo che traina un calesse mi stupisce ancor di più. La Sicilia è la potenza della storia antica assieme al fascino di un’isola profonda, complicata e bellissima, un’isola dominata dal vulcano e dal mare, dove il sole non lascia via di scampo e le città sono il dono dell’anima degli uomini che sci sono inchinati a questa terra. Le vie barocche di Noto, con le piazze che si aprono e le chiese di Acireale, le strade curve e ripide di Agira, nome turco e greco insieme – bellissimo – il teatro greco di Siracusa. Il teatro… Le parole non arrivano a descrivere. L’anima mia si è persa tra quei sedili, sulla scena, e come al solito non volevo più tornare indietro. L’emozione di sedere lì dove fu rappresentata “Le Etnee” di Eschilo, io come una siracusana dell’età classica. Ed il teatro che è ancora lì, stupendo. Salgo e scendo, mi stanco e vorrei rimanere. Ma poi scopro l’acquedotto nella roccia come a Napoli. E mi innamoro, mi incanto per Ortigia e non riesco a ricordare se c’era la maga Circe o la dea Calipso. I Siciliani mi fanno innamorare ad ogni parola. Un signore cortesemente mi abbraccia come un padre perché si è distrutta la macchina fotografica. Un fruttivendolo mi offre una fetta di melone. Il padrone di un ristorante mi regala il pane caldo fatto da lui. Il sole di questa terra per ora me lo porto sulla pelle. Il resto nel cuore.
Ilaria Iodice – 6/8/2011