Vorrei dedicarti un’ode sdrucciola,
maschera arguta d’un’età più bella.
Oggi biancheggi nella mia memoria
accanto a un sogno d’oro, Pulcinella!
Cuore pulsante della vecchia Napoli
ti prego di scusarmi: sembra strano,
il poeta e umorista non sa scrivere
per te stasera… e trema la sua mano.
Tu sorgi in mezzo ai guappi
e agli sciammeria,
tra un coro di maeste ‘ncannaccate.
Nei bassi si fa lucido il mobilio
per le arselle tutte illuminate.
Ed a Santa Lucia, sul mare glauco,
splende il sorriso d’una lucianella
mentre nell’aria, dal Mercato al Vomero,
si sperde un dolce canto: “Palummella”.
Passa l’ombra tua bianca per i vicoli
e sveglia il caffettiere e il maruzzaro.
Rosseggia all’improvviso un bel garofano
sopra una finestrella, a Marechiaro.
Gridando gli scugnizzi si rincorrono
e torna per le strade il pazzariello,
mentre risorge, come per miracolo,
il San Carlino al Largo del Castello.
Qui ti incontri con Russo e con Di Giacomo,
in una taverna dalla frasca verde,
e dopo un tocco, un canto, un brindisi,
la notte vi riprende e vi disperde.
…………….
Bianca visione, sono dolente, scusami
se non t’abbraccio e smetto di rimare.
Innanzi a Pulcinella, è un po’ ridicolo
che un’umorista pianga. Non ti pare?
Giuseppe Carullo, Le stagioni del poeta