Quella mattina Cardillo l’aveva portata sul lungomare, a via Caracciolo. Stavano passeggiando lentamente, trascinati da un torrente di folla bramosa di riscaldarsi al tiepido sole di quella vigilia di Natale, quando lui cominciò a incalzarla.
«Allora, Serenè? Ce staje penzanno ancora? Lo sai che se non esci da questo giro prima o poi quella merda che ti prendi ti ucciderà? Guardati! Ti sei ridotta male!»
Lei lo ascoltò in silenzio, senza trovare il coraggio di replicare. Voleva dirgli che aveva bisogno della droga perché le accendeva il cervello, mentre la vita normale la spegne. Voleva dirgli che non aveva più l’energia per ricominciare una nuova esistenza. Che lei lo sapeva che sarebbe stata una lotta contro l’impossibile. Che quei buchi le avevano perforato irrimediabilmente l’anima.
Questo voleva dirgli, ma d’un tratto un raggio di sole le abbagliò gli occhi. Sollevò lo sguardo verso il cielo. Forse stava delirando, ma volle convincersi che sì, quello era proprio Dio, che le stava dando un segno.
(da “Chi ama non dimentica”, di Antonella Carullo)